Al via la call per le associazioni che cercano spazi in VOCE

VOCE condivide i suoi spazi.
Se fai parte di una realtà del volontariato e del Terzo settore milanese che cerca sede o spazi flessibili per svolgere la propria attività partecipa alla selezione.

Gli spazi offerti sono:

  • uffici per associazioni di 60 mq al 1° piano
  • uffici per associazioni di 280 mq al 2° piano

Saranno inoltre disponibili su prenotazione spazi attrezzati per riunioni, formazione, eventi, a costi calmierati da concordare.

Gli spazi, disponibili a completamento della ristrutturazione edilizia prevista per la fine del 2021, saranno assegnati mediante convenzione per una durata indicativa di 5 anni, rinnovabili.
Il costo previsto è di 95 euro/mq/anno.

Le organizzazioni interessate dovranno far pervenire tramite PEC all’indirizzo: associazione.ciessevi@pec.it entro le ore 12.00 del 29 gennaio 2021 una Lettera di interesse a firma del legale rappresentante con una serie di allegati.
Tutti i dettagli della proposta nell’Avviso di offerta per disponibilità spazi (scarica qui il pdf).

Per informazioni: direttore.milano@csvlombardia.it – tel. 02.45475854

Il cantiere di VOCE a Striscia la notizia

È andata in onda sabato 4 aprile su Striscia la Notizia, nell’ambito della rubrica “Occhio al futuro, quando industria e ambiente convivono”, l’intervista di Cristina Gabetti a Fabio Gerosa, presidente di Fratello Sole, uno dei partner strategici del progetto VOCE.

E proprio nel cantiere di VOCE è stata registrata alcune settimane fa l’intervista.

La rubrica, in onda su Striscia la Notizia dal 2014, nasce per raccontare idee e tecnologie innovative in grado di migliorare il futuro delle nostre comunità, avendo come primo riferimento i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU.

Fratello Sole è stato chiamato a partecipare portando la sua esperienza unica nel panorama italiano. A partire dal progetto di VOCE Fabio Gerosa ha raccontato in che cosa consiste l’attività di Fratello Sole, qual è il suo metodo di lavoro e il valore aggiunto che offre ai suoi soci.

Un’occasione davvero unica per parlare di transizione energetica per il Terzo Settore a un pubblico enorme e, allo stesso tempo, comunicare il valore della partnership del progetto VOCE: sono oltre 5.500.000 gli spettatori che ogni giorno seguono il programma di Antonio Ricci.

Guarda l’intervista completa

Perché trasformare spazi anonimi o abbandonati in luoghi di comunità

Negli anni ’90 la dimensione della Comunità è stata posta al centro di un serrato confronto esperienziale e culturale.

Era una dimensione in forte crisi a fronte allo sgretolamento dei rapporti sociali, all’individualismo, alla solitudine, ai problemi delle periferie urbane, … problemi di allora?

Lo sono diventati ancor di più oggi con la crisi economica del 2008 che, come ci ricorda Mauro Magatti, è essenzialmente una crisi di valori, maturata negli anni precedenti e poi manifestatasi nei primi anni 2000 con il tracollo finanziario da cui non ne siamo ancora usciti …, ma non siamo ancora usciti, neppure dalle cause che l’hanno innescata.

La comunità è una dimensione che deve essere ripensata e riformulata sulla base di riflessioni che fanno riferimento a piani differenti che interagiscono nella vita delle persone e tra le persone (identità, relazioni, riferimenti spazio-temporali, progettualità, …). Senza idealizzare la comunità, essa stessa piena di contraddizioni, conflitti, prevaricazioni, …

Senza dimenticare che oggi non si è solo “comunità locale”, ma ognuno di noi grazie alla globalizzazione delle relazioni e delle possibilità di comunicazione in tempo reale (internet, smartphone, viaggi più facili) può vivere forti appartenenze a “comunità globali” con differenti identità culturali, professionali, ideali, … anche stando a migliaia di chilometri di distanza. Sia comunità che costruiscono comunità inclusive che comunità che costruiscono esclusione.

Occorre (ri)imparare a vivere e lavorare nella comunità. Non esiste una disciplina, una scienza specifica che studia la comunità. Riflettere e capire la comunità necessita di un approccio olistico e interdisciplinare.

Fare comunità è questione di ….

  • antropologia, come le collettività umane si manifestano
  • sociologia, come gli uomini si organizzano per vivere nella società
  • psicologia, come le relazioni umane si incontrano e si scontrano, si sostengono e si modificano
  • economia, come lo sviluppo imprenditoriale connota le peculiarità di un ambiente e di gruppi di persone
  • politica, come si concretizzano le politiche sociali redistributive delle ricchezze locali
  • architettura e urbanistica, come si abita un territorio geografico, con storia e futuro
  • cultura, come gli uomini raccontano la propria storia ed esistenza in riferimento alla propria comunità.

Segnalo alcuni riferimenti nati negli anni ’90.

Augé Marc, antropologo, ci ricorda l’importanza identitaria dei luoghi in cui si sviluppa comunità (la percezione dello spazio e del tempo). Ma attenzione, se lo spazio e l’uso del tempo risultano sempre uguali pur in diversi contesti, si hanno dei “nonluoghi”: il contrario della dimora, della residenza, dei luoghi della comunità, di un “luogo”.

I “nonluoghi” sono le infrastrutture per il trasporto veloce (autostrade, autogrill, stazioni, aeroporti), i mezzi di trasporto, i supermercati, gli alberghi delle grandi catene internazionali, ma anche i campi profughi dove sono parcheggiati a tempo indeterminato i rifugiati.

I “nonluoghi”, sono gli spazi dell’anonimato, ogni giorno più numerosi, frequentati da individui diversi ma considerati simili, ma soli.

Zygmunt Bauman, noto sociologo mondiale, ci segnalava come nel mondo dell’insicurezza globale, tornava con forza il bisogno di comunità, come strumento per difendersi.

La continua ricerca di equilibrio tra libertà e condivisione, tra individuo e comunità, è il destino dell’uomo verso la realizzazione di una vita soddisfacente (che sia potente e affermato, oppure povero e sconfitto).

Ma attenzione, la ricerca di una “propria comunità locale” impersonificata da un territorio abitato dai propri membri è la via d’uscita oppure non rischia piuttosto di divenire un “ghetto volontario”?

Eppure è nella sicurezza della propria identità, e del riconoscersi in essa, che si può permette il dialogo tra culture diverse. Stiamo infatti verificando 20 anni dopo che non è facebook il luogo del dialogo tra culture diverse.

La psicologia di Comunità, il lavoro di comunità, non è solo una pratica sociale che prevede l’impiego di modelli e metodologie, ma anche un modo di concepire il lavoro sociale.

Lo sviluppo di comunità permette di sostenere i processi di responsabilizzazione dei membri di una comunità e l’impiego delle loro competenze/risorse per la soluzione dei problemi.

Attivare collaborazione e partecipazione tra i cittadini, promuovere relazioni fiduciarie, sostenere il capitale sociale, sono tutte azioni con una portata che va oltre il contenuto specifico, e propongono una vera a propria visione della società.

Mai come negli ultimi anni il tema dello sviluppo locale ha preso atto della varietà di assetti economici, di cui è popolato il nostro Paese. Eppure questa ricchezza è stata ai margini delle politiche economiche istituzionali. C’è da percorrere un cammino verso il riconoscimento del ruolo insostituibile svolto dalle comunità locali e dai loro protagonisti: capaci contemporaneamente di relazioni locali e di reti immateriali globali, di produzione economica e di prossimità e coesione sociale.

Ad esempio, il 20% della popolazione italiana vive nelle 4 grandi aree metropolitane (Roma Milano Napoli Torino), così come il 20% della popolazione abita le aree interne però rappresentate dal 50% dei Comuni italiani. Eppure le politiche di sviluppo economico, differenziate per aree territoriali, in Italia stentano a svilupparsi.

Richard Sennet ci sollecitava a ripensare le relazioni sociali e le politiche di welfare rileggendo la propria vita e le proprie esperienze.

Occorre porre al centro le modalità di formazione delle identità individuali e collettive a partire dal rispetto di sé e degli altri. Spesso gli utenti del welfare si lamentano di essere trattati con poco rispetto. Ma la mancanza di rispetto che sperimentano non è dovuta semplicemente al fatto che sono poveri, vecchi o malati. La società moderna manca di manifestazioni concrete ed efficaci di rispetto e di riconoscimento per gli altri.

Come tenere insieme la garanzia dell’uguaglianza e il rispetto delle differenze di ciascuno?

Occorre ripensare un welfare differenziato che permetta a chi riceve sostegno sociale di percepirsi come soggetto che a pieno titolo partecipa alla definizione delle proprie condizioni di vita.

A fronte di una netta deterioramento della qualità urbanistica, ambientale e sociale di quasi tutte le città (sia nei cosiddetti paesi sviluppati che “in via di sviluppo”) negli anni ’90 c’erano i primi urbanisti futurologhi, come Raymond Lorenzo, che indicavano che sarebbe stato necessario costruire città “sostenibili” prestando attenzione alla qualità dell’ambiente urbano e naturale, ma soprattutto alla comunità locale, da coinvolgere direttamente nelle decisioni progettuali urbanistiche e architettoniche, perché soli i cittadini che vivono un territorio conoscono le loro esigenze e possono dare indicazioni utilissime agli architetti per predisporre soluzioni veramente vivibili.

E poi dentro ogni quartiere vi sono mille storie che costruiscono la vera storia e la cultura di un quartiere. Scandiscono la vita della comunità e la quotidianità dei suoi abitanti: tra gioie, passioni, collaborazioni, ma anche ansie, soprusi, paure e disperazioni che consentono all’umanità, che popola il dedalo di vie, case, palazzi del mondo, di costruire culturalmente le varie dimensioni comunitarie. In ogni territorio/comunità del mondo.

Negli anni ’90 questi erano sette approcci paralleli, di fatto separati.

Poi è venuta la grande e lunga crisi.

Poi la diffusa consapevolezza dell’emergenza ambientale; anche se già nel 1992 si tenne a Rio de Janeiro la prima Conferenza mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo che produsse alcuni accordi internazionali tra cui la famosa Agenda 21.

Oggi finalmente si coglie che, solo in una prospettiva integrata di Sviluppo Sostenibile, forse si può trovare l’equilibrio tra individuo e comunità.

Erano e sono sette approcci diversi: solo perdendosi in mille storie e situazioni locali e globali e solo riallacciando con pazienza i diversi fili disciplinari, comprenderemo il significato della “nostra comunità” e potremo riconoscere il valore delle comunità del mondo.

In questo contesto, i governi dei 193 Paesi membri dell’ONU nel settembre 2015 hanno sottoscritto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile. È un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità che prevede 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) con 169 target e più di 240 indicatori.

La situazione è oggettivamente molto complessa e pericolosa per noi e per il nostro pianeta e, come ci ricorda Enrico Giovannini portavoce dell’Alleanza per lo Sviluppo Sostenibile, il rischio è che noi ci sediamo e ci culliamo di Retrotopia: è il guardare il passato per rassicurarci circa un futuro incerto e fonte di preoccupazione. Non vi è dubbio che molto spesso oggi chiudiamo gli occhi di fronte a quanto avviene (il terrorismo o le minacce nucleari coreane o il corona virus) e ripensiamo ad anni passati che crediamo siano stati più rassicuranti. Non è per niente vero.

Ma di sicuro il nostro futuro sarà pieno di shock perché stiamo consumando troppo il nostro mondo che non riesce a rigenerarsi a sufficienza.

Ma l’Utopia sostenibile è che nessuno rimanga indietro grazie al fatto che vi sia una vera sinergia tra i quattro capisaldi della sostenibilità: ambientale, sociale, economica e istituzionale.

E questo non può che avvenire se non a partire dalla terra, dai luoghi costruiti o naturali.

In passato si identificava lo spazio con la urbs, in termini materiali, città delle pietre, in contrapposizione con lo spazio naturale.

Più recentemente, a seguito della crisi economica/finanziaria/valori ricordata, da un lato si sono moltiplicati i “nonluoghi” anonimi, dall’altro sono via via emersi luoghi via via abbandonati che sono tornati ad essere spazi senza vita. Pensiamo alle caserme vuote, alle scuole chiuse per denatalità, a capannoni e industrie dismesse, a strutture degli ordini religiosi non più utilizzate, ai beni confiscati alla criminalità organizzata, …

Oggi serve una nuova rigenerazione urbana che a fianco del recupero edilizio porti anche un recupero di socialità.

Oggi serve una nuova progettualità, carica di comunità, utile per far rivivere gli spazi vuoti e abbandonati per farne luoghi veri, vivi, pieni di senso.

Secondo me non è un caso che in questo quartiere di Porta Nuova gli unici due luoghi antichi e abbandonati sono stati recuperati dal Terzo settore: l’ex magazzino ferroviario ristrutturato dalla Fondazione Catella e la trattoria e poi Albergo Isolabella di cui si è appena avviata la ristrutturazione per farne VOCE a cura di Ciessevi.

Il Terzo settore ha la sensibilità e la capacità di far rivivere “spazi” per trasformali in “luoghi”.

Il luogo si stacca da una logica solo geografica e corrisponde ad una identità socio-culturale. La Civitas. La Città delle anime, fatte di persone, città fatte di relazioni. I territori in questa logica, sono di fatto l’elemento in cui si sperimenta il nuovo, dove si cerca di compenetrare ambiente costruito ed ambiente naturale, sono il contenitore dove le innovazioni sociali vengono messe in atto. Sono laboratori di sperimentazioni in cui si prova a dare risposte nuove ai bisogni emergenti. Ma i luoghi non sono solo contenitore di qualcosa che accade, sono anche motore di quel qualcosa che accade.

Il luogo vero attrae esigenze e bisogni, capitali e risorse. Che non sono di per sé immediatamente disponibili. Sono esigenze e risorse che per essere disponibili e per essere messe a frutto devono essere mediati da persone e da organizzazioni.

Nel passaggio da spazi a luoghi si viene a creare l’economia di relazioni. Dove la dimensione relazionale è l’infrastruttura del valore che quei soggetti economici del territorio (istituzionali, di profitto o di donazione) possono produrre.

E la dimensione relazionale è sense making. Dà senso a ciò che si fa. E dà energia all’azione. Un conto è dire “faccio cose, vedo gente”. Un conto è dire faccio cose che portano, nel lungo periodo, ad un certo valore aggiuntivo. Sono prospettive completamente diverse, non solo in termini soggettivi.

Pensare assieme i luoghi aiuta ad abitarli. Non è questione di qualcuno che viene e ti legge il tuo territorio. Ma è la comunità e chi abita quei luoghi che si domanda e legge e riflette su sé stessa. Costruire una visione strategica di lungo periodo aiuta ad abitare i luoghi. Abitarli con intenzionalità è riuscire a costruire una visione strategica, anche in termini di creatività e di impatto sociale. Intenzionalità è: voglio agire un cambiamento, cioè voglio cambiare la connotazione e la produzione di valore di quel luogo. E scelgo di farlo, non da solo.

Come ci ricordano recentemente Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, il luogo è legato a 3 concetti: l’innovazione sociale, l’imprenditorialità e lo sviluppo.

  • l’innovazione sociale si nutre dei territori, dei quartieri e delle periferie come oggetti geografici in cui si attivano processi di innovazione sociale. processi che tentano, a partire dalle risorse di cui quel territorio dispone, di rispondere ai bisogni che emergono
  • il successo imprenditoriale è correlato alla dimensione di luogo. Non sono le imprese competitive a rendere il luogo competitivo. La dimensione di contesto oggi è fondamentale e in qualche modo va misurata e valutata.
  • lo sviluppo si lega ai luoghi perché attraverso qualità relazionali e norme sociali si riesce a fare sviluppo. (Sviluppo nel senso della definizione di Zamagni – togliere i viluppi, togliere le catene che legano un territorio rispetto alla sua capacità di produrre valore). Capacità di produrre sviluppo è la capacità anche di contrastare le disuguaglianze di tipo sociale, economico, ecc

Ma oggi le comunità hanno bisogno di luoghi ma anche di infrastrutture sociali, cioè di luoghi che diventano a loro volta moltiplicatori. Un luogo diventa infrastruttura sociale quando:

  • è ad uso comune, non c’è esclusività, è uno spazio fatto di relazioni, connotato da apertura, luogo in cui nessuno è escluso
  • è rigenerato esso stesso dai legami sociali di chi lo vive e lo popola
  • ha la capacità di generare comunità, non sono estrattivo per produrre valore esclusivo, ma mette a frutto e restituisce moltiplicato.

Tutto questo possiamo leggerlo in quei luoghi capaci di trasformare, vitalmente, nel lungo periodo anche il contesto intorno.

Questo è quello che possiamo augurare a VOCE e a tutti coloro che vorranno collaborare a costruirlo insieme.

Marco Pietripaoli

Direttore CSV Milano

Febbraio 2020

Piccola bibliografia di riferimento

Marc Augé, Nonluoghi. Introduzione ad una antropologia della surmodernità, Eleuthera, Milano 1993
Zygmunt Bauman, Voglia di Comunità, Laterza, Bari 2001
Giuseppe De Rita e Aldo Bonomi, Manifesto per lo sviluppo locale, Dall’azione di comunità ai Patti territoriali, Bollati Boringhieri, Torino 1998
Enrico Giovannini, L’utopia sostenibile, Laterza, Bari 2018
Papa Francesco, Laudato si’. Sulla cura della casa comune, Piemme 2015
Mauro Magatti, Cambio di Paradigma. Uscire dalla crisi pensando al futuro, Feltrinelli, Milano 2017
Nagib Mahfuz, Il nostro quartiere, Fertrinelli, Milano 1989
Elvio Raffaello Martini, Fare lavoro di comunità. Riferimenti teorici e strumenti operativi, Carocci, Roma 2003
Lorenzo Raymond, La città sostenibile. Partecipazione, luogo, comunità, Eleuthera, Milano 1998
Ennio Ripamonti, Collaborare. Metodi partecipativi per il sociale, Crocci Faber, Roma 2011
Marianella Sclavi e Lawrence Susskind, Confronto creativo. Come funzionano la co-progettazione creativa e la democrazia deliberativa. Perché ne abbiamo bisogno, IPOC, Milano 2016
Richard Sennet, Rispetto. La dignità umana in un mondo di diseguali, Il Mulino, Bologna 2004
Paolo Venturi e Flaviano Zandonai, Dove. La dimensione di luogo che ricompone impresa e società, Egea, Milano 2019

#Iosonocaregiver: parte la raccolta firme per una proposta di legge di iniziativa popolare

450 mila persone in Lombardia dedicano il loro tempo a prendersi cura di un familiare, nella maggior parte anziani ma anche ragazzi e adulti disabili.

Per sostenerli e aiutarli è nata la raccolta di firme e la campagna #iosonocaregiver.
L’obiettivo è raccogliere 5mila firme da presentare in Regione Lombardia a fine marzo e avviare il percorso legislativo della proposta di legge di iniziativa popolare dedicata a loro.

Informazioni su www.iosonocaregiver.it

Primo incontro di presentazione di VOCE e dei suoi Cantieri sociali

Si è svolto questa mattina presso le Ex Cucine economiche del Comune di Milano il primo incontro di presentazione di VOCE, che ha visto protagonisti in dipendenti di Ciessevi Milano, i suoi soci e alcuni dei suoi principali stakeholders.

Un momento per raccontare il progetto progetto, ma anche l’occasione per presentare in anteprima i Cantieri sociali di VOCE, che saranno lanciati ufficialmente in occasione della Civil Week 2020 di marzo.

L’incontro è stato arricchito dalla presenza di alcuni relatori esterni al progetto che hanno aperto la discussione su tematiche di grande importanza per VOCE.

Roberto Cavallo, fondatore della cooperativa ERICA, consulente e saggista e uno dei massimi esperti in Italia di ecologia ha parlato di sostenibilità: considerata oggi come la giusta risposta a molte crisi, da quella climatica a quelle sociali, è soprattutto una grande opportunità per rimettere al centro le persone.

Fabio Gerosa, Presidente di Fratello Sole, partner del progetto VOCE e responsabile della gestione del cantiere edile, della costruzione dei Cantieri sociali e della valutazione di impatto, ha parlato invece di povertà energetica a partire da The Economy of Francesco, l’incontro internazionale promosso da Papa Francesco tra giovani, studiosi ed operatori dell’economia per discutere ed affrontare insieme le sfide dell’economia mondiale che si terrà ad Assisi nel prossimo mese di marzo.

A Porta Nuova parte il cantiere di VOCE

Il cantiere di VOCE è ufficialmente partito ed è stato presentato alla stampa questa mattina presso la Sala stampa “Franco Brigida” di Palazzo Marino.

2500 metri quadri suddivisi in cinque piani, nuova sede dei Forum del Terzo Settore di Milano e della Lombardia, di servizi di promozione del volontariato del Comune di Milano dedicati ai giovani, di CSV Milano (Centro di servizio per il volontariato-città Metropolitana di Milano), della Confederazione Regionale dei Centri di Servizio della Lombardia (CSVnet Lombardia), dell’Università del Volontariato, di una biblioteca specializzata sui temi del volontariato, di un inedito Ostello che riunirà, da tutta Europa, i giovani dei Corpi Europei di Solidarietà, di un ristorante attento alla sostenibilità alimentare, allo “slow” e al km zero.

Queste sono solo alcune delle offerte che i cittadini potranno trovare in VOCE – Volontari al Centro, edificio in fase di ristrutturazione e restauro in Porta Nuova, situato tra via Monte Grappa e via Melchiorre Gioia, e che sarà inaugurato a maggio 2021.

All’incontro hanno partecipato Anna Scavuzzo, Vice Sindaco del Comune di Milano e Assessore alla Sicurezza, Gabriele Rabaiotti, Assessore alle Politiche sociali e abitative, Ivan Nissoli, Presidente CSV Milano, Paola Pessina, Vice Presidente Fondazione Cariplo,
Marco Pietripaoli, Direttore CSV Milano.

Leggi il comunicato stampa

 

Casa del volontariato: progettiamola insieme

Per meglio individuare esigenze e aspettative da parte dei soggetti coinvolti nell’uso futuro dell’immobile Casa del Volontariato di Milano, Ciessevi ha organizzato, con la collaborazione di ABCittà, un percorso partecipativo, realizzato nel mese di novembre 2010 – composto da tre workshop con lavoratori, associazioni e soci di Ciessevi e un Forum conclusivo – per progettare insieme la futura casa del volontariato.

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