Nella società del rischio anche il Terzo settore deve cambiare

di Marco Pietripaoli, Direttore CSV Milano

 

È ancora presto per prevedere compiutamente cosa insegnerà al Terzo settore e al popolo dei volontari e cittadini attivi questa emergenza del Covid-19. Ma Carola Carazzone sabato, nell’articolo “Le fondazioni filantropiche? Adesso sostengano organizzazioni, non progetti”, incomincia a mettere un punto fermo, a mio parere molto importante. Carazzone evidenzia come, a partire dalla crisi che stiamo vivendo, le fondazioni filantropiche possano collaborare con gli enti del Terzo settore con modalità diverse e innovative; e propone una serie di esempi concreti.

La stessa sera David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, ha posto l’accento sull’urgenza di salvare la salute, poi il lavoro e poi anche la democrazia. Ma «fra le condizioni per l’esistenza e il funzionamento di un sistema democratico, ci ricordava già nel 1982 la vicepresidente della Camera Maria Eletta Martini, (…) il volontariato può svolgere un ruolo importante per lo sviluppo e il rafforzamento della democrazia. (…) Il volontariato, in questa prospettiva, è una strada di crescita e di presenza civile di persone che, talvolta anche inconsapevolmente diventano via di mutamento sociale e di nuova cultura, che si fonda sulla solidarietà e la corresponsabilità ai problemi dell’altro; è un modo corretto di essere della democrazia, in un mondo in cui esistono “nuove povertà”, o, come si dice, luoghi di “sofferenza sociale”, che sfuggono alle statistiche».

Recentemente il D.Lgs 117/17 Codice del Terzo settore esplicita nell’articolo 55 che le amministrazioni pubbliche assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore attraverso forme di co-programmazione non solo nell’ambito storico della programmazione sociale di zona (L.328/00) ma in tutti i settori di attività di interesse generale del Terzo settore (immaginiamo quale potenzialità di partecipazione nella definizione di piani ambientali, culturali, sanitari, …).

Ora il volontariato e tutto il Terzo settore nella conclamata “società del rischio” potrebbero incominciare a porsi alcune piste di lavoro per la ripresa post crisi sanitaria ed economica rivendicando il proprio ruolo essenziale di “autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” previsto dall’articolo 118 della Costituzione, ma anche nei processi di collaborazione con le istituzioni nella definizione delle politiche locali.

Inizio a suggerire alcune prime proposte da approfondire in queste giornate utili per guardare avanti, oltre a quelle esposte da Carazzone riguardo a una rinnovata alleanza tra Fondazioni filantropiche e Enti di Terzo Settore:

  • la socialità incomincia a mancarci: si suona e si applaude dai balconi. Incontrarsi e aggregarsi, fare festa e fare musica, teatro e yoga, curare un giardino pubblico o occuparsi dei diritti civili è essenziale per una comunità, come lavorare ed essere in buona salute. È un bene primario che va ancor più riconosciuto, facilitato e valorizzato. È uno dei collanti della comunità perché fruito collettivamente e non solo individualmente. Dobbiamo essere sempre più consapevoli dell’importanza non secondaria nella costruzione della coesione sociale, indispensabile nel costruire fiducia, relazioni e legami tra le persone (e tra queste e le istituzioni). Nel costruire socialità siamo quindi costruttori di democrazia;
  • in una società più coesa sarà più facile garantire l’inclusione di soggetti deboli. In questi giorni difficili centinaia di migliaia di operatori e volontari del Terzo Settore hanno continuato in silenzio, pur con le necessarie precauzioni sanitarie, ad essere vicini, a prestare attenzione e cura ai più deboli che possono essere doppiamente esposti ai rischi sanitari, perché spesso meno informati e più isolati: i senza fissa dimora (che notoriamente non possono stare a casa, perché non hanno casa), gli immigrati, anziani, disabili, malati psichiatrici, … molti di questi “ultimi” si stanno ammalando. È giusto applaudire agli operatori sanitari pubblici, ma altrettanto giusto sarebbe essere consapevoli e ricordare chi opera da cittadino attivo nel sociale e nel sociosanitario retto in gran parte dagli enti di Terzo settore, anche rivendicando pari utilizzo di ammortizzatori sociali. Ma prima ancora servirebbero forme contrattuali con gli enti pubblici non basati sulla mera prestazione che espone al rischio di lavoro saltuario, ma su una progettualità sociale a tutto tondo;
  • dovremmo definitivamente superare il digital divide che zavorra il Terzo settore. Il limite si è evidenziato in modo conclamato: difficoltà ad avviare procedure di lavoro da remoto perché ordinariamente non disponibili archivi in cloud, mancanza di connessioni veloci, strumentazioni, periferiche mobili e software dedicati, edifici senza sistemi di domotica avanzata, inefficienze dei sistemi energetici di riscaldamento e condizionamento, … Ma soprattutto manca la cultura e l’esperienza che molte attività si possono realizzare anche a distanza con lo scopo di raggiungere più persone (formazione online, ma anche concerti e conferenze) o incontrarsi riducendo costi e tempi di spostamento (chiamate audio e video multiutenti), avere economie di scala e maggiore sostenibilità energetica. Diverse organizzazioni hanno cercato in questi giorni soluzioni tampone, ma occorrerà un investimento massiccio sia progettuale che di sviluppo organizzativo per rendere moderno il privato sociale;
  • in questi giorni appaiono più in difficoltà le organizzazioni che hanno “monocomittenze” soprattutto se non garantite. Forse dovremmo accrescere la capacità di essere non solo multistakeholder ma anche avere una forte diversificazione delle entrate: non solo entrate pubbliche, non solo entrate da enti filantropici, non solo donazioni o contributi dai soci, non solo mercato privato, ma un sano mix in modo tale da non essere dipendenti da uno o pochi “mercati” e quindi essere meno vulnerabili se uno di questi va, per mille motivi, in crisi. La diversificazione aiuterà anche a essere più riconosciuti e radicati nel proprio territorio di riferimento;
  • dovremmo ripensare le nostre governance democratiche rendendole più snelle ed efficaci, capaci di prendere decisioni in tempi brevi ma anche in modo collegiale, garantendo i periodici ricambi. Serviranno inoltre organizzazioni del lavoro più flessibili in cui il lavoro agile, laddove possibile, è la norma, perché impostate sui risultati che non sulla presenza oraria;

Rispetto a quest’ultimo punto, tra le diverse risorse a disposizione utili anche per affrontare i precedenti, dobbiamo considerare i giovani, che sempre più si stanno affacciando ai diversi Enti del Terzo settore: le giovani generazioni hanno un approccio meno ideologico, più pragmatico e cercano di coniugare assieme in equilibrio idealità (valori), risorse (umane ed economiche), impegno condiviso (cooperare) e tecnologia.

Oltre che ai virologi e sanitari, agli economisti e imprenditori, oggi dobbiamo affidarci anche agli operatori e volontari del Terzo settore e soprattutto all’energia e creatività dei giovani, per affrontare nella “società del rischio” nuovi e moderni modi per stare nei nostri luoghi in modo propositivo e per costruire l’evoluzione della società democratica del futuro.

 

Pubblicato su VITA il 16 marzo 2020 – http://www.vita.it/it/article/2020/03/16/nella-societa-del-rischio-anche-il-terzo-settore-deve-cambiare/154481/

Primo incontro di presentazione di VOCE e dei suoi Cantieri sociali

Si è svolto questa mattina presso le Ex Cucine economiche del Comune di Milano il primo incontro di presentazione di VOCE, che ha visto protagonisti in dipendenti di Ciessevi Milano, i suoi soci e alcuni dei suoi principali stakeholders.

Un momento per raccontare il progetto progetto, ma anche l’occasione per presentare in anteprima i Cantieri sociali di VOCE, che saranno lanciati ufficialmente in occasione della Civil Week 2020 di marzo.

L’incontro è stato arricchito dalla presenza di alcuni relatori esterni al progetto che hanno aperto la discussione su tematiche di grande importanza per VOCE.

Roberto Cavallo, fondatore della cooperativa ERICA, consulente e saggista e uno dei massimi esperti in Italia di ecologia ha parlato di sostenibilità: considerata oggi come la giusta risposta a molte crisi, da quella climatica a quelle sociali, è soprattutto una grande opportunità per rimettere al centro le persone.

Fabio Gerosa, Presidente di Fratello Sole, partner del progetto VOCE e responsabile della gestione del cantiere edile, della costruzione dei Cantieri sociali e della valutazione di impatto, ha parlato invece di povertà energetica a partire da The Economy of Francesco, l’incontro internazionale promosso da Papa Francesco tra giovani, studiosi ed operatori dell’economia per discutere ed affrontare insieme le sfide dell’economia mondiale che si terrà ad Assisi nel prossimo mese di marzo.

Presentati i numeri, i bisogni e i progetti per il futuro del volontariato a Milano

Convegno

Milano conferma la sua “anima bella” registrando – rispetto all’ultimo censimento Istat del 2001 – un’aumento esponenziale dei volontari presenti nelle istituzioni non profit con una crescita del 211,7 per cento. Le organizzazioni del tessuto milanese inoltre sono tre le meglio strutturate e con dimensioni medie maggiori rispetto al resto d’Italia.Continua a leggere

Welfare, tra tagli e prossimita’ a Milano si disegna il modello del futuro

Rilanciamo questo interessante articolo, Welfare, tra tagli e prossimita’ a Milano si disegna il modello del futuro, pubblicato da Rita Querzé su http://buonenotizie.corriere.it/:

volontari-di-milano-all-opera

I Comuni a secco di risorse si rivolgono sempre più spesso al non profit. Prendiamo l’esperienza dei cuochi solidali di cui racconta domenica 28 aprile il Corriere Milano nelle pagine dedicate alla Città del bene. Il capoluogo lombardo invecchia e nei quartieri manca il presidio sociale che c’era una volta. Allora il Comune cerca di ricostruire la tela della coesione sociale. Andando a caccia di volontari che vadano nei giorni di festa a cucinare a casa degli anziani soli.Continua a leggere