WELFARE CHE IMPRESA!: il bando per le Start up sociali al servizio della comunità

Il concorso Welfare che impresa!, giunto alla quarta edizione, nasce per supportare progetti di welfare di comunità promossi da start up sociali in grado di produrre benefici in termini di sviluppo locale.

In particolare vuole sostenere e promuovere iniziative di imprenditorialità giovanile in grado di attivare reti multistakeholder, capaci di produrre benefici concreti per la comunità, e alimentare una progettualità orientata alla generazione di impatto sociale e alla sua misurazione.

Il primo progetto classificato vincerà 40.000 euro a fondo perduto, il secondo, terzo e quarto classificato 20.000 euro.
Potranno inoltre accedere ad un finanziamento a tasso zero erogato da UBI Comunità fino a 50.000 Euro con conto corrente gratuito
per 36 mesi.

La scadenza per presentare i progetti è il 20 aprile.

Vai al bando su: www.welfarecheimpresa.ideatre60.it
Guarda il video di presentazione

Nella società del rischio anche il Terzo settore deve cambiare

di Marco Pietripaoli, Direttore CSV Milano

 

È ancora presto per prevedere compiutamente cosa insegnerà al Terzo settore e al popolo dei volontari e cittadini attivi questa emergenza del Covid-19. Ma Carola Carazzone sabato, nell’articolo “Le fondazioni filantropiche? Adesso sostengano organizzazioni, non progetti”, incomincia a mettere un punto fermo, a mio parere molto importante. Carazzone evidenzia come, a partire dalla crisi che stiamo vivendo, le fondazioni filantropiche possano collaborare con gli enti del Terzo settore con modalità diverse e innovative; e propone una serie di esempi concreti.

La stessa sera David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, ha posto l’accento sull’urgenza di salvare la salute, poi il lavoro e poi anche la democrazia. Ma «fra le condizioni per l’esistenza e il funzionamento di un sistema democratico, ci ricordava già nel 1982 la vicepresidente della Camera Maria Eletta Martini, (…) il volontariato può svolgere un ruolo importante per lo sviluppo e il rafforzamento della democrazia. (…) Il volontariato, in questa prospettiva, è una strada di crescita e di presenza civile di persone che, talvolta anche inconsapevolmente diventano via di mutamento sociale e di nuova cultura, che si fonda sulla solidarietà e la corresponsabilità ai problemi dell’altro; è un modo corretto di essere della democrazia, in un mondo in cui esistono “nuove povertà”, o, come si dice, luoghi di “sofferenza sociale”, che sfuggono alle statistiche».

Recentemente il D.Lgs 117/17 Codice del Terzo settore esplicita nell’articolo 55 che le amministrazioni pubbliche assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore attraverso forme di co-programmazione non solo nell’ambito storico della programmazione sociale di zona (L.328/00) ma in tutti i settori di attività di interesse generale del Terzo settore (immaginiamo quale potenzialità di partecipazione nella definizione di piani ambientali, culturali, sanitari, …).

Ora il volontariato e tutto il Terzo settore nella conclamata “società del rischio” potrebbero incominciare a porsi alcune piste di lavoro per la ripresa post crisi sanitaria ed economica rivendicando il proprio ruolo essenziale di “autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà” previsto dall’articolo 118 della Costituzione, ma anche nei processi di collaborazione con le istituzioni nella definizione delle politiche locali.

Inizio a suggerire alcune prime proposte da approfondire in queste giornate utili per guardare avanti, oltre a quelle esposte da Carazzone riguardo a una rinnovata alleanza tra Fondazioni filantropiche e Enti di Terzo Settore:

  • la socialità incomincia a mancarci: si suona e si applaude dai balconi. Incontrarsi e aggregarsi, fare festa e fare musica, teatro e yoga, curare un giardino pubblico o occuparsi dei diritti civili è essenziale per una comunità, come lavorare ed essere in buona salute. È un bene primario che va ancor più riconosciuto, facilitato e valorizzato. È uno dei collanti della comunità perché fruito collettivamente e non solo individualmente. Dobbiamo essere sempre più consapevoli dell’importanza non secondaria nella costruzione della coesione sociale, indispensabile nel costruire fiducia, relazioni e legami tra le persone (e tra queste e le istituzioni). Nel costruire socialità siamo quindi costruttori di democrazia;
  • in una società più coesa sarà più facile garantire l’inclusione di soggetti deboli. In questi giorni difficili centinaia di migliaia di operatori e volontari del Terzo Settore hanno continuato in silenzio, pur con le necessarie precauzioni sanitarie, ad essere vicini, a prestare attenzione e cura ai più deboli che possono essere doppiamente esposti ai rischi sanitari, perché spesso meno informati e più isolati: i senza fissa dimora (che notoriamente non possono stare a casa, perché non hanno casa), gli immigrati, anziani, disabili, malati psichiatrici, … molti di questi “ultimi” si stanno ammalando. È giusto applaudire agli operatori sanitari pubblici, ma altrettanto giusto sarebbe essere consapevoli e ricordare chi opera da cittadino attivo nel sociale e nel sociosanitario retto in gran parte dagli enti di Terzo settore, anche rivendicando pari utilizzo di ammortizzatori sociali. Ma prima ancora servirebbero forme contrattuali con gli enti pubblici non basati sulla mera prestazione che espone al rischio di lavoro saltuario, ma su una progettualità sociale a tutto tondo;
  • dovremmo definitivamente superare il digital divide che zavorra il Terzo settore. Il limite si è evidenziato in modo conclamato: difficoltà ad avviare procedure di lavoro da remoto perché ordinariamente non disponibili archivi in cloud, mancanza di connessioni veloci, strumentazioni, periferiche mobili e software dedicati, edifici senza sistemi di domotica avanzata, inefficienze dei sistemi energetici di riscaldamento e condizionamento, … Ma soprattutto manca la cultura e l’esperienza che molte attività si possono realizzare anche a distanza con lo scopo di raggiungere più persone (formazione online, ma anche concerti e conferenze) o incontrarsi riducendo costi e tempi di spostamento (chiamate audio e video multiutenti), avere economie di scala e maggiore sostenibilità energetica. Diverse organizzazioni hanno cercato in questi giorni soluzioni tampone, ma occorrerà un investimento massiccio sia progettuale che di sviluppo organizzativo per rendere moderno il privato sociale;
  • in questi giorni appaiono più in difficoltà le organizzazioni che hanno “monocomittenze” soprattutto se non garantite. Forse dovremmo accrescere la capacità di essere non solo multistakeholder ma anche avere una forte diversificazione delle entrate: non solo entrate pubbliche, non solo entrate da enti filantropici, non solo donazioni o contributi dai soci, non solo mercato privato, ma un sano mix in modo tale da non essere dipendenti da uno o pochi “mercati” e quindi essere meno vulnerabili se uno di questi va, per mille motivi, in crisi. La diversificazione aiuterà anche a essere più riconosciuti e radicati nel proprio territorio di riferimento;
  • dovremmo ripensare le nostre governance democratiche rendendole più snelle ed efficaci, capaci di prendere decisioni in tempi brevi ma anche in modo collegiale, garantendo i periodici ricambi. Serviranno inoltre organizzazioni del lavoro più flessibili in cui il lavoro agile, laddove possibile, è la norma, perché impostate sui risultati che non sulla presenza oraria;

Rispetto a quest’ultimo punto, tra le diverse risorse a disposizione utili anche per affrontare i precedenti, dobbiamo considerare i giovani, che sempre più si stanno affacciando ai diversi Enti del Terzo settore: le giovani generazioni hanno un approccio meno ideologico, più pragmatico e cercano di coniugare assieme in equilibrio idealità (valori), risorse (umane ed economiche), impegno condiviso (cooperare) e tecnologia.

Oltre che ai virologi e sanitari, agli economisti e imprenditori, oggi dobbiamo affidarci anche agli operatori e volontari del Terzo settore e soprattutto all’energia e creatività dei giovani, per affrontare nella “società del rischio” nuovi e moderni modi per stare nei nostri luoghi in modo propositivo e per costruire l’evoluzione della società democratica del futuro.

 

Pubblicato su VITA il 16 marzo 2020 – http://www.vita.it/it/article/2020/03/16/nella-societa-del-rischio-anche-il-terzo-settore-deve-cambiare/154481/

Attiviamo Energie Positive!: un ciclo di webinar per costruire relazioni e progettare il futuro

Un ciclo di webinar gratuito e aperto a tutti per parlare di fundrising, crowfounding, valutazione di impatto, responsabilità sociale di impresa, marketing, finanza etica, e molto altro ancora.

“Attiviamo Energie Positive!”, realizzato da produzionidalbasso., vuole essere un luogo di confronto, crescita e progettazione tra soggetti del terzo settore e del non profit, mondo del volontariato, freelance, associazioni culturali, artisti, organizzatori di eventi, formatori, imprese sociali e cooperative.

Tra gli incontri previsti:

  • Il terzo tempo della cooperazione sociale, come ridisegnare in 10 passi un nuovo ciclo d’innovazione
  • Linee guida per la valutazione dell’impatto sociale
  • Fundraising per la rigenerazione urbana e crowdfunding civico
  • CSR, Responsabilità Sociale d’Impresa e match tra mondo profit/nonprofit

Vai al programma completo dei Webinar

 

Fondazione Cariplo: 2 milioni di euro al non profit per affrontare l’emergenza Coronavirus

Fondazione Cariplo, uno dei principali partner di VOCE, ha deciso di attivare un fondo di 2 milioni di euro per sostenere gli enti non profit ad attivare risposte straordinarie per le persone in difficoltà, e contenere i contraccolpi economici legati ai mancati introiti.

Particolarmente in difficoltà sono gli Enti del Terzo Settore che gestiscono servizi e attività come asili nido, scuole materne, centri per anziani e attività culturali e di socializzazione.
Le risorse saranno anche destinate a sostenere iniziative emergenziali che sostengono l’attivazione di servizi di prossimità a supporto della domiciliarità “forzata” delle persone fragili.

Come ha dichiarato il presidente di Fondazione Cariplo Giovanni Fosti “Al fianco delle imprese in difficoltà in questo periodo, ci sono anche moltissime realtà non profit e organizzazioni di volontariato che stanno vivendo gravi disagi. Quello che ci sembra assolutamente urgente è aggregare risorse e promuovere attenzione nei confronti di quelle organizzazioni, associazioni ed enti che forniscono servizi alle famiglie o contribuiscono in modo fondamentale nella gestione dei luoghi di cultura, come teatri o musei. Il fondo approvato dal nostro Cda è una prima iniziativa aperta alla partecipazione di altri soggetti: si tratta di un punto di partenza su cui far convergere anche le risorse di chi vorrà unirsi a noi, collaborando con le istituzioni e le fondazioni di comunità”.

Le Fondazioni di Comunità hanno un ruolo centrale: quelle di Lodi e di Bergamo hanno annunciato a loro volta l’avvio di iniziative e di fondi speciali a cui Fondazione Cariplo darà il proprio apporto.

Scopri di più su www.fondazionecariplo.it

Cresce la finanza di impatto in Italia

Lo stato dell’arte della finanza di impatto in Italia è fotografato dalla ricerca Tiresia Impact Outlook 2019, realizzata dall’omonimo Centro di ricerca di innovazione e finanza per l’impatto sociale della School of Management del Politecnico di Milano  presentata di recente.

Secondo i dati della ricerca il capitale per l’impatto impiegato dal 2006 in Italia è circa 8 miliardi di euro di cui l’84% è sotto forma di credito alle organizzazioni ad impatto sociale, per un totale di 6.767,8 milioni di euro.
Nel 2019, il totale degli asset gestiti dagli operatori equity è di 1.824,75 milioni e crescerà del 19% nel prossimo anno.

I dati dimostrano il crescente interesse per la finanza di impatto che nasce dall’importanza sempre più centrale dei temi legati alla sostenibilità nella coscienza collettiva e nel sistema economico e finanziario tradizionale.

“Lo studio descrive un ecosistema che, seppur ancora di nicchia, contiene caratteristiche antropologiche, valori, modelli
e strumenti che potranno giocare un ruolo decisivo nel fecondare una transizione dell’industria finanziaria mainstream
verso un modello compatibile con le grandi sfide ambientali e sociali emergenti”, ha affermato Mario Calderini, direttore di Tiresia.

Scarica il report della ricerca